Identità racchiudi in quattro forme
slanciato e tozzo, noto e sconosciuto,
o campanile di rossa abbazia,
perno d’alate giostre, meridiana
d’assolate fatiche e di riposi,
sestante ignaro di mostri bavosi,
e saldi fianchi porgi quale bussola
per districare il vento tra i pioppeti
che in sbiaditi orizzonti ti vagheggiano.
Forse d’umana vita sei l’immagine
che rude base ficca in scivolose
marcite, sempre uguale e pur diversa
come c’impone la rosa dei venti,
sosta di giochi tra luci di trifore
e punta aguzza a sfida di tempeste.
Ma non appena un brivido di sole
tra nubi scorre, di lampi s’incendiano
le rose d’oro in cima ai quattro spigoli
e sopra tutte altissimo un vessillo
a ricordare vittorie non scritte,
o trovadore di donna abbazia,
e somiglianza incerta si tramuta
in festa d’invenzioni qual mendico
che in acqua e fango scorge di marcita
perla che umana sorte ornò preziosa
e gioioso ripone in sua bisaccia
da: Vicus Bodonis terra di marcite